sabato 3 dicembre 2011

SOGNO. Fenomenologia e funzioni. Parte prima

Mirabili, le vie del sogno,
chi conosce i suoi sentieri ?
S. Y. AGNON, Nel fiore degli anni (1922)
 Tutti i modelli correnti di interpretazione del fenomeno “sogno” trovano il loro fondamento nella osservazione dell’oggetto “sogno”, così come ci appare.
simile indagine scientifica ci ha permesso non solo di superare il periodo mitico-arcaico delle fantasiose interpretazioni sulle visioni notturne, ma ci ha consegnato anche una notevole quantità di dati sulla sostanza dei sogni.
Sono le valutazioni, le misurazioni – sperimentate e sperimentabili in laboratorio ( le c.d. cliniche del sonno), le quali ci dicono quasi tutto delle qualità esteriori di questa sostanza. Ma non ci dicono granché sul perché sogniamo.
Il vero senso del sognare resta un mistero.
Proponendo un modello diverso, o quantomeno alternativo a quelli correnti anche se per me resta preferito, pur senza ignorare quelli che ho giudicato inadatti a sciogliere il mistero , non voglio indicare qui una rivelazione finale, esaustiva della “verità”, ma suggerire semplicemente una formula momentanea, di maggiore efficacia nell’interpretare i fatti finora conosciuti con l’osservazione oggettiva.
1. FENOMENO E MANIFESTAZIONI


I percorsi sulle vie del “sogno” degli autori che ho potuto consultare nella mia ricerca  ovviamente incompleta , presentano una singolarità: tutti si prefiggono di raggiungere un qualcosa, un oggetto a se stante, una “consistenza”. Il sogno, quindi, è considerato fenomeno oggettivo, che si manifesta mentre dormiamo e che, al risveglio, lo ricostruiamo come ricordo.
Al sogno si è data la caccia come se si dovesse ricercare “qualcosa”, un ché di sostanza psichica, un terzo stato della nostra natura di viventi, oltre la veglia e il sonno.
Questi ultimi due stati hanno a che fare con la “coscienza”. La veglia è lo stato proprio della coscienza, cioè la consapevolezza di sé e dei propri contenuti mentali. Mentre il sonno definisce lo stato della perdita della coscienza.
Tra il possedere “coscienza di sé” e la sua assenza è nata la categoria dell’ “inconscio”, potente intuizione freudiana, per dare logica sistemazione al terzo stato, quello del sogno, ponendolo però (definitivamente?), nel terreno dei fenomeni oggettivi.
In questo senso, il suggello è venuto successivamente dalla scoperta scientifica – da intendere come sperimentata in laboratorio – del sonno Rem, altrimenti detto “sonno paradosso”.
E’ vero che noi comunemente chiamiamo “fenomeno” ciò che ci appare di un qualcosa, di una realtà sia essa dentro o fuori di noi; ma è anche vero che, spesso, usiamo dire “fenomeno” pure degli effetti o cause ingenerate da un meccanismo, da un comportamento.
Se due corpi si urtano sento il rumore provocato dall’urto, posso vedere eventuali scintille generate dallo sfregamento. Posso altresì vedere e descrivere i due corpi in base alla forma in cui mi appaiono.
Chiamo le due circostanze “fenomeno” perché entrambe le “percepisco”, entrano in me attraverso i segni che riesco a captare di loro. Però, mentre i due corpi sono oggetti a se stanti: sono realtà che posso “percepire” in qualunque momento perché sono uno stato (solido, liquido, ecc.), il “fenomeno” provocato dalle scintille-rumore non è uno stato, ma è uno scaturire dall’urto-sfregamento ed ha il suo tempo, ha un solo momento. Se non sono lì quando avviene non potrò più percepirlo, salvo che non venga, per esperimento, ripetuto.
E il sogno, a quale di queste due tipologie appartiene?
Come ho ricordato, il sogno è stato generalmente trattato alla pari di uno stato dell’essere, una modalità del nostro esistere. Infatti, persone diverse dal sognatore possono “percepire” i suoi sogni mediante strumenti adeguati (ad esempio: con l’elettroencefalogramma).
Il sogno ha la sua “esistenza” mentre io sto dormendo. E io posso ri-vedere (vedere nel ricordo) il mio sogno proprio in forza dell’esserci stato realmente, come tutti i ricordi lo sono di cose passate-accadute.
E se invece fosse un fenomeno puro e semplice? Qualcosa che si muove in me e verso di me ed io lo percepisco solo mentre si sta manifestando quale effetto o causa di quel movimento.
Come potrebbe accadere nel passaggio dallo stato di sonno a quello di veglia.
Ammettendo questa ipotesi, la visione onirica passerebbe “in diretta”, non sarebbe più il “ricordo” di un qualcosa che si è formato in me, ha preso corpo in me mentre mi trovavo nella completa assenza di coscienza, nel mondo dell’in-conscio. Sarebbe piuttosto un modo di comportamento pre-cosciente.2. BREVE STORIA Gli studiosi, di vario genere, non hanno mai dato peso a questa ipotesi, la quale poggia tutta sul concetto di “coscienza”, considerata nella sua estensione: dalla totale assenza, quando siamo nel sonno profondo, alla sua graduale ripresa fino alla completa presenza, come consapevolezza di sé, quando siamo svegli, passando, appunto, per la fase onirica.
L’ipotesi soggettiva è stata trascurata per diversi e giustificati motivi: 1) perché i sogni sono stati localizzati in determinate fasi del sonno; 2) perché  come ripetutamente confermato  tutti sogniamo, anche se in molti casi può sembrare il contrario soltanto a motivo dell’incapacità del ricordo; 3) perché la caratteristica della visione onirica è di essere priva di ogni logica e mancante delle categorie spazio-temporali essenziali per definire lo stato di coscienza/conoscenza.
Dopo un lungo, interminabile periodo “mitico”, coincidente si può dire con la stessa nascita della storia dell’uomo, caratterizzato dalla attribuzione ai sogni di capacità profetiche-divinatorie (purtroppo ancora presente nell’attuale nostra società: maghi, “esperti” in tarocchi o numeri della “smorfia” ne sono una testimonianza), un primo capovolgimento radicale nell’interpretazione dei sogni è avvenuto con l’era della psicanalisi. “Era” perché l’Interpretazione dei sogni freudiana ha riaperto un altro capitolo “mitico” di questa storia.
In epoca più recente, dopo Freud, una seconda rivoluzione ci ha illustrato quando sogniamo, cioè i momenti del sonno durante i quali sogniamo1.
Attorno agli anni ’502, dai ″laboratori del sonno″ è venuta la scoperta delle fasi del sonno con l’intuizione, sperimentata, che le fasi di sonno caratterizzate da movimenti oculari rapidi (fase Rem) sono accompagnate da sogni. E’ il c.d. “sonno paradosso”.
Paradossale proprio perché nel sonno non ci dovrebbe essere attività cerebrale/mentale.
Ulteriore, e forse migliore aiuto (successivamente infatti sono stati verificati sogni anche nelle fasi No-Rem), ci viene dalle ultime ricerche della neuro-biologia, le quali grosso modo  possono essere così riassunte: quando dormiamo i circuiti neuronali che trasmettono le sensazioni interne e periferiche del corpo al cervello, per il riconoscimento e la immediata controrisposta, sono interrotti. Vuol dire che non c’è conoscenza.
Tuttavia una minima parte di essi, seppure fra loro scollegati, rimane attiva ma, per così dire, a spezzoni. Sono stati, infatti, misurati impulsi chimico-elettrici che in modo casuale vanno a colpire probabilmente anche zone di cellule dove sono immagazzinati i nostri ricordi remoti e recenti, generando delle visioni “interne”, quali i sogni.
Questo spiegherebbe il come dei sogni – come nascono – e la loro sequenza illogica, senza senso. Non sarebbero, con questo schema, percepiti dalla nostra coscienza. Altrimenti acquisterebbero da quest’ultima valenze logiche spazio-temporali, causali.
Nonostante tutto ciò, ho voluto indirizzare la mia analisi sui sogni partendo proprio dall’ipotesi del sogno come meccanismo, funzione del nostro modo di esistere: momento soggettivo della nostra attività cerebrale e non oggetto, prodotto per un certo verso automaticamente.
Tutto ha avuto inizio da un mio particolare sogno, che mi ha costretto ad imboccare questa strada.

3. UNA NOTTE CALDA

Ricordo ancora quella notte molto calda, una notte di piena estate nei primi anni ’70. Attorno alle ore una e trenta sono bruscamente svegliato mentre sognavo. L’analisi di questo sogno mi ha consentito di intuire una spiegazione dell’attività onirica tale da soddisfare quegli interrogativi rimasti a lungo senza una risposta logica sul perché e sulla natura dei sogni. Da quella prima intuizione si è aperta, per me, una strada che, con studi e ricerche successivi, ha portato alla formazione di una mia personale opinione, forse non priva di interesse.
Importante sogno quindi per me, anche perché le particolari circostanze che lo hanno evidenziato mi hanno permesso una precisa analisi dei tempi e dei modi in cui ha avuto luogo.
Come dicevo, per il caldo, quella sera sono andato a letto poco dopo la mezzanotte lasciando la finestra della stanza aperta. Sono stato svegliato dopo un’ora e mezza mentre ero, quindi, nel periodo di sonno profondo, quello del primo stadio. Un ritorno allo stato di veglia, alla coscienza dallo stato più netto di a-coscienza, di assenza totale di coscienza. Come?

4. UN ULULARE DI CANI

Mentre sono immerso nel sonno più duro inizia il sogno. Sogno breve rapido conciso, tuttavia con fasi ben distinte.
Una prima iniziale, molto confusa e indecifrabile nelle sue immagini, però brevissima. Tornerò in seguito su questo punto.
Segue una scena piacevole, o meglio: “piacevole” per me; cioè sto sognando qualcosa che mi piace, secondo i miei gusti o le mie esperienze. Sogno di passeggiare con dei magnifici cani al guinzaglio. I cani, infatti, sono la mia passione, il mio desiderio mai soddisfatto e anche nel sogno ne traggo un piacere immenso. Quasi subito però questa piacevole sensazione si offusca. Gradualmente ma in modo sempre più rapido, un nero cagnaccio si profila da lontano in fondo alla via. Di colpo è sui miei cani. L’ansia e la mia agitazione raggiungono subito un livello drammatico e comincio a soffrire terribilmente. Sento il cagnaccio urlare, gridare. Ora ha raggiunto uno dei miei cani e sembra sopraffarlo. Cerco di salvare il mio cane e di cacciare l’intruso. Ora grido, grida sempre più alte si susseguono agli ululati e il cane nero abbaia sempre più forte, più forte!
Il dolore è insopportabile, mi sveglio con quel rumore spaventoso ancora premente sulle mie orecchie, ma non è l’abbaiare. Appena realizzo la realtà che mi circonda capisco che si tratta della tromba di un clacson di una automobile parcheggiata nella piazzetta sottostante, improvvisamente inceppatosi.

5. QUANDO E’ INIZIATO QUESTO MIO SOGNO?

Questo mio sogno specifico strappa una prima considerazione ovvia e inequivocabile: il sogno è iniziato contemporaneamente allo scatenarsi del rumore assordante del clacson. L’analogia tra questo frastuono e l’ululato del cagnaccio è palese, le fasi concise chiare e brevi del sogno non possono lasciare dubbi.
Ricordo che quando il sogno è cominciato c’è nel fondo il vago terrore che qualcosa di spaventoso stia per accadere , anche se la scena non è chiara e le immagini ancora non a fuoco. Da lontano infatti già si profila il pericolo sotto forma di quel cane lupo nero che successivamente riempirà tutta la scena onirica e sarà il protagonista del mio risveglio.
Il suo abbaiare-ululare è senza dubbio il risvolto “simbolico” dell’alto stridore del clacson. Il mio sogno ha preso inizio esattamente dopo la percezione sensoriale (ancora inconscia?) dell’anomalo rumore causato dall’auto in sosta. Posso quindi ragionevolmente dire che non stavo sognando qualcosa che poi ho ricordato dopo il forzato risveglio per l’assordante evento esterno ma proprio quest’ultimo ha innescato una “fantasia” onirica la quale ha accompagnato, per così dire, la fase del mio risveglio.



6. STORIA DI UN SOGNO

Ho raccontato qui la storia di questo mio particolare sogno, tralasciando tutti gli altri che ho annotato lungo il corso degli anni, per il significato ch’esso ha rappresentato nella mia ricerca sui sogni. Ricerca, ripeto, pungolata dalle insoddisfacenti risposte finora date da chi se n’è occupato da sempre.
E’ da questo sogno in poi che penso di essermi chiarito le idee su un possibile significato fenomenologico dei sogni. Per lo meno sul perché, sul come e sul quando dei miei sogni.
Nella letteratura sull’argomento ho trovato una sola volta la descrizione di un sogno molto simile al mio per le circostanze in cui ha avuto luogo.
William C. Dement ha citato il racconto di un sogno, pubblicato nel 1861, nel quale il “sognatore” veniva ghigliottinato nel corso della Rivoluzione Francese durante il “regno del terrore”.
Mentre sentiva che la testa gli cadeva, il soggetto «…si destò estremamente agitato e trovò che il baldacchino del letto era crollato e lo aveva colpito all’altezza delle vertebre cervicali nello stesso punto della ghigliottina». Da sveglio, il personaggio «pensò – scrive ancora Dement3– che lo stimolo al risveglio (essere colpito da un pezzo del letto) doveva aver iniziato il sogno e che tutto lo sviluppo di questo era incluso nel breve intervallo dalla percezione iniziale dello stimolo al risveglio».
Purtroppo l’episodio viene esaminato semplicemente come esempio e studio sulla Dimensione temporale dei sogni e quindi liquidato come dimostrazione che gli stimoli possono modificare un sogno già in corso ma non dare inizio ad un sogno.
Sono dell’opinione che questo comportamento scientifico è stato la conseguenza della teoria del sonno Rem.
A tale proposito, ricordo che nell’anno 1991 Michel Jouvet parlava ancora di cosa succede quando il sogno fa la sua comparsa nell’arco del sonno: «Ogni notte, per cento minuti non consecutivi (cioè: i periodi di sonno Rem) un sogno si impossessa di noi e ci vive»4.
Personalmente non sono di questo avviso. Dopo l’esperienza del mio sogno e il ridimensionamento della teoria del sonno Rem, ritengo che quel sogno dell’Ottocento (ghigliottina/baldacchino) poteva aprire una strada verso una diversa interpretazione sulla natura dei sogni. Senza con ciò svuotare di importanza il lavoro di Freud sui sogni, come è accaduto per diverso tempo dopo la scoperta del sonno Rem.
Riprendo, quindi, il mio personale percorso su questa strada divergente, approfondendo l’esame del mio sogno.









1 Letteralmente “aprendoci gli occhi”, con l’applicazione di elettrodi sulle palpebre di volontari.
2 O. Chiaia, «La scoperta di questa fase del sonno si deve a N. Kleitman ed E. Aserinsky, i quali nel 1953, nei laboratori dell’Università di Chicago, osservarono per la prima volta questo strano fenomeno», in Il sonno e il sogno, Newton Compton Ed., Roma, 1995, p. 15.
3 W.C.Dement, E c’è chi veglia E c’è chi può dormire,trad. di Antonio Viti, Saggi Zanichelli 1977, pp. 41/42.
4 M.Jouvet, La natura del sogno – citato da Adriana Polveroni, rubrica Psiche de: Il Sole-24 Ore del 26/05/1991.



Sogno. Fenomenologia e funzioni

Il mistero che avvolge le visioni oniriche da sempre, ha stimolato l’umanità a coglierne i significati razionali tra le nebbie delle loro bizzarrie e assurdità.
Questo impegno  anche delle menti più acute  ha portato il sogno fuori delle millenarie mitologie per avviarlo sulla strada della ricerca scientifica.
Tuttavia, l’interrogativo fondamentale perché sogniamo? E’ rimasto irrisolto.
Esaminando, in questo breve saggio, le vie percorse (almeno le più efficaci) dalle ricerche sul sogno, mi è sembrato di cogliere un fattore che le accomuna in questa mancata, o inadeguata, soluzione all’interrogativo e precisamente, che tutte si prefiggono di raggiungere un qualcosa, un oggetto a se stante, una “consistenza”.
Il sogno sarebbe considerato un fenomeno oggettivo che si manifesta mentre dormiamo e che, al risveglio, lo possiamo ricostruire come ricordo.
Da un mio sogno molto particolare ho tratto lo spunto per un possibile ma diverso significato fenomenologico dei sogni.
In una diversa prospettiva, infatti, questi verrebbero ad essere vere e proprie “rappresentazioni” e non più semplici “visioni” da interpretare.
In questo nuovo contesto, le singole scene oniriche, con un canovaccio predefinito, diventano le interpreti dei condizionamenti della nostra realtà non ancora pervenuti all’esame dello stato cosciente.
Il processo rappresentativo appena riassunto depura i sogni dalla loro essenza “visionaria”, cioè senza alcuna logica o razionalità. Infatti, nella mia riflessione il sogno è distinto in fasi ordinate e tra loro connesse da una logica interna.
Una logica del sognare che rimanda ai principi di “governabilità”, “familiarità” e “discontinuità”, come ho cercato di chiarire nel mio studio.