Il mistero che avvolge le visioni oniriche da sempre, ha stimolato l’umanità a coglierne i significati razionali tra le nebbie delle loro bizzarrie e assurdità.
Questo impegno anche delle menti più acute ha portato il sogno fuori delle millenarie mitologie per avviarlo sulla strada della ricerca scientifica.
Tuttavia, l’interrogativo fondamentale perché sogniamo? E’ rimasto irrisolto.
Esaminando, in questo breve saggio, le vie percorse (almeno le più efficaci) dalle ricerche sul sogno, mi è sembrato di cogliere un fattore che le accomuna in questa mancata, o inadeguata, soluzione all’interrogativo e precisamente, che tutte si prefiggono di raggiungere un qualcosa, un oggetto a se stante, una “consistenza”.
Il sogno sarebbe considerato un fenomeno oggettivo che si manifesta mentre dormiamo e che, al risveglio, lo possiamo ricostruire come ricordo.
Da un mio sogno molto particolare ho tratto lo spunto per un possibile ma diverso significato fenomenologico dei sogni.
In una diversa prospettiva, infatti, questi verrebbero ad essere vere e proprie “rappresentazioni” e non più semplici “visioni” da interpretare.
In questo nuovo contesto, le singole scene oniriche, con un canovaccio predefinito, diventano le interpreti dei condizionamenti della nostra realtà non ancora pervenuti all’esame dello stato cosciente.
Il processo rappresentativo appena riassunto depura i sogni dalla loro essenza “visionaria”, cioè senza alcuna logica o razionalità. Infatti, nella mia riflessione il sogno è distinto in fasi ordinate e tra loro connesse da una logica interna.
Una logica del sognare che rimanda ai principi di “governabilità”, “familiarità” e “discontinuità”, come ho cercato di chiarire nel mio studio.
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