Voglio ora chiarire il mio punto di vista sui sogni con un confronto con le utopie e dico che : “ il sogno non e' utopia”, come tento di spiegare qui di seguito.
Ho esaminato, fin qui, il sogno con il metodo fenomenologico, cioè come fenomeno a se stante, cercando di coglierne il suo vero essere, il puro e semplice sognare a prescindere dalle singole elaborazioni “visive” di cui il sogno si sostanzia e che nel mio saggio ho chiamato fasi, fasi del sogno ( da non confondere con le “fasi” del sonno).
Aggiungo le parti successive e conclusive di questa fenomenologia.
Ma ora mi preme continuare il discorso aprendo una parentesi sull'Utopia.
Tento di spiegare anzitutto perché ho affiancato il sogno alle utopie nonostante che le due entità siano nella sostanza diverse, anzi – a mio modo di vedere l'una opposto dell'altra.
Associare il sogno all'utopia può essere l'immediata conseguenza di un certo tipo d'interpretazione dei sogni. Anche nel dire comune viene facile usare la parola “sogno” per alludere al desiderio di realizzare qualcosa: << sognare di >> quale sinonimo di << aspirare a >>, ecc.
Questo connubio è stato molto bene esplicitato – per esempio da Giulio Paolicchi nella sua digressione sul lavoro onirico (vedi “sogno e utopia”, 22-2-2009, www.liberamentemagazine.org/costruzioni incompiute.htm) dove rintraccia “la strettissima relazione di equivalenza fra sogno e utopia”[...] nella “speranza” […] “che sostanzia sogni e utopie” (ivi).
La formula Sogno = Utopia racchiude in sé il pensiero consolidato che il lavoro onirico costruisca nella notte-sonno qualcosa che “il giorno prima non esisteva” (colgo il concetto dalla recensione di Maria Bettetini (DOMENICA/Il Sole-24 Ore del 12-2-2012) all'ultima fatica di Tobie Nathan : Una nuova interpretazione dei sogni, Raffaello Cortina ed., Milano, 2011.
Dalla figura del vero “onerocrita” delineata dal Nathan si giunge alla conclusione che l'essenza di ogni sogno altro non è che la “prefigurazione dell'avvenire”. Esattamente come nelle mitologie, come nelle fiabe.
Come, cioè, nei racconti di fantasia, immaginazioni fantastiche o utopie.
La mia analisi sul sogno – sottolineo: empirica, personale – considerato come fenomeno puro, mi porta alla conclusione opposta.
Infatti, la fonte di costruzione dei miei sogni l'ho individuata nel vissuto emozionale precedente il sonno che successivamente il dispiegarsi delle visioni oniriche tenta di riconquistare. Questo il percorso: realtà, oblio/sonno, realtà.
Quindi, una ricerca del Sé nella realtà e non fuga del Sé verso le utopie, le fantasie, i “sogni”.
Proprio per evidenziare questa alternatività, metto ora a raffronto il mio studio sul sogno con alcuni miei racconti di sapore utopico, partoriti dalla mia fantasia, dal nulla immaginato.
PARTE SECONDA
1. L’INTERRUTTORE DELLA COSCIENZA
In primo luogo mi soffermo su quanto ho detto circa la contemporaneità dell’azione reale e dell’attività onirica da questa generata. Non posso avere dubbi sulla concomitanza e coincidenza dei due eventi, data l’assoluta brevità di tutto il contesto azione/sogno.
Non posso, almeno in questo sogno, ipotizzare una attività onirica, di altro genere, in corso all’atto dell’esplodere del disturbo esterno che si trasforma adattandosi poi a questo stimolo improvviso.
Ritorno, per un momento, al sogno della ghigliottina/baldacchino.
Vero è che il “sognatore” ottocentesco non si percepisce di colpo sotto la sferza della ghigliottina. Ma questo strumento di tortura è già presente fin dalla prima immagine che viene a formarsi nel suo sogno: (il sognatore) si trovava, in effetti, nell’epoca storica della Rivoluzione Francese durante il “regno del terrore”, sinonimo di “ghigliottina”. L’istante dopo è lui che viene portato alla ghigliottina. Quando la lama cade si sveglia e realizza il sogno, cioè lo rende esplicito, perché è in grado ora, essendo cosciente, avendo “ripreso coscienza”, di ri-conoscere il pezzo del letto. Tuttavia la reazione al colpo è iniziata già nel sonno con la figura della ghigliottina elaborata dall’io-soggetto, non ancora nel pieno possesso di tutte le sue facoltà sensoriali.
Nel mio sogno, di quel lontano 27 luglio, le circostanze sono analoghe: durante lo stato di sonno profondo in cui mi trovo, nella sottostante piazza scoppia un rumore assordante. Impossibile continuare a dormire, questo suono improvviso ed altissimo provoca il mio risveglio forzato quanto immediato.
Vuol dire, quindi, che sono passato dallo stadio più profondo della non-coscienza a quelli sempre più vicini alla veglia. Questo passaggio è successo per mezzo del sogno. Meglio, è stato gestito dal sogno, come si capirà più avanti.
Per ora lo descrivo come un sistema sensoriale per riprendere possesso del mondo fisico che mi circonda, dal quale mi ero distaccato addormentandomi. Un meccanismo, da tutti posseduto, capace di pilotarci dal mondo dell’oblio alla realtà, permettendoci di riannodare tutte le connessioni necessarie a decifrare i segnali captati dai sensi.
Di prima impressione, questo aspetto del sogno mi ricorda un automobilista costretto ad azionare il tergicristalli quando si viene a trovare sotto la pioggia. Fino a quando il meccanismo non avrà completato la sua azione la visione della strada non sarà perfettamente nitida.
Ma posso immaginare anche il momento della accensione del computer. Per essere pronto all’uso, cioè per rispondere ai miei comandi, deve attivare (beginning – dare inizio) le procedure di sistema, inizializzare (comput) i comandi disattivati con lo spegnimento precedente.
Infatti, premuto il bottone di accensione, devo attendere il completamento del ‘boot’ , dopodiché il cervellone è a mia disposizione.
Da quanto ho descritto si può ricavare una possibile funzione del sogno: trasbordare la coscienza dallo stato di sonno a quello di veglia senza danneggiarla. Senza perdere nessuna delle caselle che la compongono, scollegate dal sonno.
Potrei identificare il mio sogno come il bottone di accensione, l’interruttore che accende la coscienza. Tuttavia non è esattamente così che la cosa funziona, perché tra l’interruttore e la piena coscienza si sviluppa la fase del sogno.
Quindi, non è come accendere una lampadina, che è procedimento meccanico. E’, invece, un modo psicofisico di tipo software/applicativo piuttosto che hardware/apparecchiatura-componente. Un programma di risveglio attivato da un impulso sensoriale esterno o interno.
2. LE FASI DEL SOGNO
Successivamente, nelle analisi di tutti i miei sogni registrati, ho avuto conferma che la fase del sogno si sviluppa quando si attivano condizioni di risveglio, di qualsiasi genere.
Non solo, da tutte le analisi ho evidenziato che il sogno procede per scene ben distinte, come atti di una rappresentazione teatrale. C’è la scenografia, ci sono gli attori, un canovaccio, comico e drammatico insieme, e tre atti, tre fasi sole o ripetute. Il tutto disseminato senza logica apparente pur essendoci un regista “anonimo”, che chiamerò “l’Io-dormiente”.
Queste considerazioni, tutto sommato ovvie, mi condurranno al vero scopo del sognare.
Per semplicità di esposizione, ritorno ancora al sogno del 27 luglio che mi permette, come lo è effettivamente stato, una singolare semplicità di analisi date le caratteristiche eccezionali dell’evento.
Riassumo. Notte di piena estate; passata la mezzanotte sono andato a letto; la finestra è aperta sulla piazza sottostante. E’ trascorsa un’ora e sono nel sonno più duro, il primo sonno, quello profondo dove non c’è attività Rem e non si dovrebbe sognare. Improvvisamente l’antifurto di una automobile mette in funzione la tromba/clacson del mezzo. Il frastuono invade la stanza dove sto dormendo e mi sveglia di colpo. Resto seduto sul letto agitatissimo perché ciò che di fatto mi ha svegliato è stato un rapidissimo sogno terrificante. Nell’ultima scena, infatti, prima di aprire gli occhi, vengo assalito da una muta di grossi cani neri “ululanti” (così ho scritto nei miei appunti. Un semplice “abbaiare”, evidentemente, non mi era sembrato idoneo alla “potenza” acustica impressa dalla visione onirica).
Ci metto qualche secondo a capire che l’ululato ancora mi trafigge gli orecchi. Sono confuso, mi chiedo se sto ancora dormendo fino all’attimo in cui mi convinco (riconosco la realtà) che invece si tratta di una tromba d’auto assordante. Guadagno così la certezza di essere sveglio e di essermi svegliato a causa di quell’opprimente rumore.
Quel sogno attira subito la mia attenzione e per molto tempo occuperà ogni mia riflessione sui sogni. Anzitutto perché non quadra con tutto ciò che dei sogni prima avevo analizzato e studiato o letto; poi perché mi sono reso conto che contiene degli elementi potenzialmente nuovi.
Da questi dati sono partite le mie argomentazioni per raggiungere una buona risposta circa la natura e la sostanza dei sogni in genere.
Nel resoconto del mio sogno si distinguono tre fasi: la prima è quella dell’inizio del sogno; qui le immagini sono ancora confuse, indistinte, come se il “sognatore” non fosse ben sicuro dove, come, quale scenario scegliere per esprimersi. Nella seconda, la scena è ben delineata, le cose sono messe a fuoco; aleggiano immagini che danno sensazioni piacevoli. L’ultimo periodo del sogno, la terza fase, porta un improvviso cambiamento; la sensazione piacevole si guasta e compaiono angoscia, paura e perfino terrore, come nel caso dei “cani ululanti”.
Queste fasi (del sogno) possono ripetersi in sequenza fino a concludersi con la veglia. Mettendole in relazione con le fasi cicliche del sonno nasce una lettura in chiave soggettiva del sogno, con implicita una possibile soluzione del problema che mi sono posto.
Normalmente il sonno dura per un periodo regolato fisiologicamente, che si protrae all’incirca per otto ore e si compone di quattro stadi ben distinti e individuati1.
Nel corso di una notte tipica tutti gli stadi del sonno sono percorsi e portati a compimento. Ad essi succede la veglia.
3. SONNI INTERROTTI
Ma se il sonno è disturbato anche il ciclo degli stadi subisce di conseguenza una modifica: viene interrotto, bloccato, spezzato, o compresso? Non si sa con precisione.
Di certo c’è che subentra la veglia. Però tutti i “congegni” che governano lo stato di veglia non sono disponibili a funzionare subito. E’ come se qualche connessione delle attività coscienti fosse rimasta ancora disattivata in seguito alla caduta nel sonno profondo.
In caso di sonni interrotti, a cicli manomessi, è necessario comunque che i “congegni” preposti alla nostra veglia siano messi subito in efficienza.
Poiché è logico pensare che per operare questa manovra d’urgenza il nostro organismo impieghi un certo lasso di tempo, viene spontaneo ipotizzare un inizio antecedente al pieno risveglio mediante una specie di “anteprima” comportamentale nell’ultimo stadio del sonno.
Come un atleta riscalda i muscoli prima di una gara, così il nostro organismo pre-stimola (prima della veglia), le funzioni sensoriali disattivate durante il sonno.
Il senso della vista è il primo ad essere stimolato, ma le “memorie” dei vissuti antecedenti al sonno si vedono confusamente. Sembrano stimolazioni “a caso”, invece sono l’inizio di una ricerca di quei ricordi che possono in qualche modo somigliare a quel reale che adesso preme sul sonno; è un reality specchio, per identificare il vero attraverso un raffronto tra le due immagini.
Nel corso di questa ricerca nel magazzino della memoria prima emergono le sensazioni più in vista perché più “piacevoli”. C’è atmosfera godibile e quindi la sosta sul posto si prolunga volentieri.
In questo secondo “momento” di partecipazione del dormiente le sue visioni sono chiare. Mentre i rumors all’esterno richiedono informazioni e risposte dalla sua coscienza, il dormiente si attarda ancora sul ricordo piacevole. Da un lato c’è un organismo fisico in stato di sofferenza perché il sonno è stato disturbato e il disturbo non è stato identificato, dall’altro una volontà che ubbidisce ad altre sollecitazioni, ignorando il “dolore”.
Questo contrasto non può reggere, perciò la ricerca d’archivio deve continuare. Via allora dai primi scaffali; bisogna immergersi nelle zone sempre più profonde dove sono riposti i ricordi meno graditi.
Qui una infinità di cose possono sovrapporsi a ciò che sta disturbando il sonno. Quando la sovrapposizione dell’immagine (copia del reale), pescata nel sonno, coincide con l’originale (reale), in questo preciso istante avviene l’identificazione della verità di essere nella realtà concreta.
Ora l’io-cosciente è in grado di distinguere la sua realtà dal suo sogno; l’io-dormiente ha concluso il suo terzo e ultimo atto. E da questo momento è possibile anche ragionare sul sogno appena fatto.
In prima istanza, di quel mio particolare sogno ho messo in evidenza il suo comportamento deterministico. Cioè, lo svolgimento del sogno mostra che la mia volontà è stata coinvolta in qualche modo lo stato di dormiente lo escluderebbe , ma nello stesso tempo si nota una imposizione, quasi una costrizione ( determinazione), per le circostanze in cui si è prodotto.
Comprendere che un sogno è scomponibile in sequenze a fasi alterne può essere un primo passo importante, ma resta il dubbio come da un sogno tanto particolare sia possibile ricavare una regola generale, proprio per le specifiche circostanze che lo hanno determinato.
L’eccezionalità del caso che mi ha portato a quel “drammatico” risveglio può giustificare questo connubio tra sogno e risveglio, come l’ho descritto, ma certo non generalizza l’effetto se tale legame non fosse ripetuto in tutti, o quasi, i miei sogni fatti in precedenza e quelli annotati successivamente a questa esperienza del sogno di quel 27 luglio.
4. UNA LOGICA DEI SOGNI
Tutti gli studiosi che si sono occupati dei sogni, compresi gli esperimenti condotti nei laboratori del sonno, hanno tratto la conclusione che i sogni, oltre a non essere istantanei, sono indice di una attività “paradossale” del sonno, indipendente dai risvegli.
Etichettata così, l’attività onirica notturna rappresenterebbe un terzo stato della nostra natura, oltre a quelli conosciuti del sonno e della veglia, che si sviluppa spezzettata in tanti sogni. Noi possiamo ricostruirne soltanto una minima parte; quella dell’ultimo sogno o degli ultimi, in atto poco prima del risveglio o risvegli. Anche perché i sogni coinvolgono la nostra memoria breve dove la curva di caduta nel dimenticatoio è rapidissima.
Con questa impostazione, comunque, il problema dello scopo dei sogni non è stato sufficientemente chiarito. Le diverse motivazioni date a questa specie di “terzo” momento della nostra esistenza non sono state dimostrate con argomenti soddisfacenti.
Al contrario, facendo molta attenzione all’orario dei risvegli, ho potuto riscontrare in tutte le mie esperienze oniriche, quelle registrate prima di questo sogno e quelle annotate successivamente, che la coincidenza tra la fine di un qualsiasi sogno e i miei risvegli esiste sempre. Meditando un po’ sopra questo fatto, sono riuscito a risalire allo scopo del “sognare”, a quella possibile funzione del sogno come una modalità dei nostri risvegli in generale.
Questo sistema, ripeto, mi sembra avere una sua logica esplicita, semplice e biologicamente funzionale al completamento della fase di sonno con il conseguente e necessario risveglio totale della coscienza attiva.
In ogni mio sogno, dunque, ho rilevato che l’ultimo atto della scena onirica precede sempre un risveglio. Quest’ultima “visione” contiene invariabilmente un elemento angosciante, insostenibile allo “sguardo” dell’io-dormiente che sta sognando.
Meglio raggiungere in fretta la realtà che subire un’angoscia a occhi chiusi. Del resto, anche nel linguaggio comune usiamo espressioni del tipo: “Aprire gli occhi, uscire dall’incubo!”.
L’abitudine a questi comportamenti rende naturale trascurare di vedere nei sogni un possibile metodo per raggiungere un certo risultato.
La maggiore preoccupazione, infatti, è riservata al significato, a ciò che i sogni vogliono dirci.
In tal modo, trascuriamo l’esame di quello ch’è successo dentro e fuori di noi mentre dormivamo.
Personalmente ho visto che, invece, diventa molto importante sapere subito da che cosa sono stato svegliato, quante ore di sonno grosso modo sono riuscito a completare, cioè quando sono caduto nel sonno e quando mi sono svegliato.
Tutto questo insieme di dati mi servirà a capire il tipo di sogno avuto o, meglio, il genere del costrutto scenico messo in atto nella sequenza onirica che si è generata in me.
Non esistono sogni “belli” o “brutti”; dal sonno otteniamo generalmente spezzoni di commedia o di tragedia, dai toni più o meno accentuati, quasi sempre in sequenze alternate per finire con quadri che danno tranquillità, cioè “belli”, oppure con proiezioni visive angoscianti, cioè “brutte”.
Accoppiando questo percorso onirico bipolare(“bello”/”brutto”) alla quantità di sonno effettuato e, contemporaneamente, alle modalità di risvegli, mi sono accorto facilmente che nei casi in cui le ore del mio dormire sono state più vicine al completamento del ciclo naturale del sonno, le scene oniriche ”belle” hanno avuto sempre il sopravvento su quelle “brutte”.
In altri termini, dalla lunga analisi dei miei sogni ho constatato come il mio dormire naturale, cioè completo delle ore canoniche di sonno, avesse sempre trovato supporto in una attività onirica composta prevalentemente di situazioni (sogni) “felici”, fonte, per il mio io-dormiente, il soggetto delle mie azioni oniriche, di soddisfazioni e/o tranquillità morale.
Laddove i miei sonni sono stati interrotti, più o meno bruscamente, hanno avuto prevalenza spezzoni di sogni costruiti su canovacci di “tragedie” psicologiche: paure, sofferenze morali, ecc.
L’ultimissima scena onirica, ad ogni modo, ha sempre contenuto qualcosa di “spiacevole”, di “brutto”. Altrimenti − mi sono chiesto −, se il mio io-dormiente fosse stato immerso in un “bel sogno” perché avrebbe dovuto cambiare stato?
Questa constatazione non ha ancora un vero significato, tuttavia questo procedere del sogno “a pendolo” l’ho ritenuto meritevole di approfondimento.
Quando il sonno è di breve durata, con risvegli più o meno bruschi, la presenza di sogni-incubo sarà elevata. Stati di angoscia e di forte preoccupazione avranno la prevalenza sulle fasi “belle”, le quali saranno di colpo sopraffatte da visioni piene di terrore per il soggetto che sogna, proseguendo così fino alla conclusione del sonno.
Da questo contesto ne ho tratta la conseguenza che il sogno può avere la funzione di regolare il sonno. E mi è sembrato anche di capire che questa funzione, biologico-meccanica, si attiva nei momenti, o nel momento, critici del sonno.
5. IL MANOVRATORE DEL PENSIERO ONIRICO
Ma aver trovato una probabile spiegazione dei tempi e delle modalità di svolgimento dei sogni non basta a sostenere lo sforzo di questo mio lavoro: l’ipotesi del sogno regolare o guardiano del sonno è già abbondantemente acquisita dal sapere scientifico.
Se l’andamento del sogno è sostenuto da una logica interiore che lega l’una con l’altra le singole scene di cui è composto, al di là del non senso delle diverse visioni prese in sé, il passo successivo da farsi dubitando che sia mai stato fatto è quello di prendere atto della presenza di un regista dietro tutta la rappresentazione onirica nonché di un soggettista, responsabile del contenuto delle diverse scene.
Da qui la domanda: chi c’è dietro il sogno, chi è il regista delle nostre commedie-tragedie notturne?
La risposta parrebbe scontata: il nostro sub/in- conscio. Da quando la psicanalisi si è affermata, prosperando sulla radice freudiana, l’io-inconscio ha conquistato decisamente l’attenzione di tutti.
L’inconscio soggettivo è diventato il dominus di ogni interpretazione dei sogni, tanto da farne quasi un sinonimo: sogno, uguale inconscio.
Ma l’esperienza mi ha fatto incontrare tipologie di sogni che possiedono una qualità specifica e ben determinata: evolvere l’andamento del nostro sonno verso la sua soluzione oppure proteggerne il proseguimento.
In questi casi la funzione del sogno è ribaltata rispetto a quel movimento, tanto esaltato, della rimozione delle pulsioni psichiche “scomode” dalla coscienza ma riprese inconsciamente nel sonno/sogno.
Perché proprio nel sonno sembra esserci una qual nostra “intelligenza” pronta a buttarsi nella catasta dei ricordi per selezionare quelli adatti alla bisogna e portarli alla ribalta del palcoscenico onirico. Dove sono chiamati a recitare un pantomima semplicemente per manovrare il sonno, cioè stimolare o inibire il risveglio, mentre si è data loro una valenza esistenziale, per cui sono stati giudicati degni di essere analizzati, o psicanalizzati.
Chiaramente si tratta di un processo di pescaggio, di riesumazione di ricordi dalla memoria breve o da quella remota, poi affidati ad una regia “occulta” che li rielabora in visioni-scene capaci di suscitare nel soggetto dormiente sensazioni ora piacevoli ora sgradevoli, senza una trama logica in sé, ma finalizzate nel loro insieme a tutelare il sonno del soggetto oppure ad agevolarne il risveglio.
Il soggetto ispiratore dei sogni e il regista di tutta la messinscena, commedia/dramma, è ovviamente sempre lo stesso, che poi corrisponde al protagonista dei sogni. Un manovratore del pensiero onirico, ma anche prim’attore della rappresentazione da lui creata.
Con questa semplificazione meccanicistica i sogni verrebbero a perdere, anzitutto, quel fascino popolare che li rende capaci di “predire il futuro”; prevedere i numeri del lotto (la smorfia) oppure altre “verità” segretate.
Anche il mitico inconscio, materiale psichico inconsapevolmente da noi accumulato, perderebbe la sua caratteristica di agire sul sogno, diventando una composizione agita dal sogno, in quanto verrebbe ad essere “adoperata” per uno scopo preciso: uno scopo preminentemente fisiologico.
Tuttavia l’automatismo, un meccanismo al di fuori della nostra volontà, non è tutto ciò che può dirsi intorno al sogno.
Così sarebbe se veramente stessimo dormendo. Nel sonno, infatti, è inibita la nostra attenzione vigile. La coscienza-conoscenza si trova nello stato di “disattivazione”.
In realtà, se il sogno è mosso da una volontà che, con intelligenza, sceglie e dirige le sue fasi vuol dire che nel sonno non sono soltanto le funzioni più elementari, le “vegetative”, a restare attive (respiro, battito cardiaco, ecc.) ma anche qualcosa di “intelligente”.
Siamo, però, in contraddizione con la definizione del sonno e con quanto ne sappiamo.
Per superarla non resta che collocare l’atto del sognare tutto all’interno di una fascia di confine tra lo stato di veglia e quello del sonno.
In questa terra di nessuno agisce una nostra “coscienza” particolare perché ancora non è piena conoscenza di sé. Essa entra in questa specie di fascia neutrale attivandosi confusamente tra le visioni depositate nel ripostiglio dei nostri ricordi.
Il confine con la veglia è raggiunto e superato quando la coscienza riconoscerà (con un atto di autocoscienza) che l’ultimo ricordo richiamato sulla scena onirica non è solo un ricordo, più o meno lontano, ma la semplice realtà.
Tutti gli altri sensi, nel frattempo ricomposti e ricollegati con la sala comando del nostro cervello, daranno poi conferma della situazione reale attorno al soggetto risvegliato.
6. LA TERRA DEI SOGNI
Dentro questa fascia di confine che è la terra dei sogni, succede di tutto. Tutto è ordinatamente insensato. L’ordine è di non seguire, fin che possibile, un filo logico, altrimenti la lampadina della coscienza attiva si accenderebbe subito, illuminando la realtà dello stato di veglia.
Nel momento in cui la realtà, cioè il fatto realmente accaduto, sta per sovrapporsi alla ricostruzione in corso nel sogno – stimolata da accadimenti esterni o interni al soggetto dormiente − il manovratore del sogno butterà in campo ogni astuzia possibile per non permettere che l’io-cosciente riconosca un ricordo affiorato e si riconosca in questo.
Dal magazzino dei ricordi ecco, allora, venir fuori un altro pezzo che ribalta la precedente sceneggiatura dando al dormiente ancora del tempo per restare spettatore in un teatro dove vanno in scena i suoi sogni, fuori dalla realtà.
Ma la realtà incalza e risucchia il sognatore verso altre sequenze più realistiche fino a rendere impossibile ogni rifiuto di identificazione di se stesso e delle cose reali che lo compongono o lo hanno determinato nel passato.
Alla fine il manovratore occulto sarà vinto, noi avremo oltrepassato il confine tra sonno e veglia e saremo nel completo stato di attenzione con tutti i nostri sensi.
Da svegli, se avremo tempo e voglia di ricomporre il nostro sogno, scopriremo che tutti i suoi tasselli non si legano l’uno con l’altro. Perciò non riusciremo a ricostruire un mosaico “comprensibile”. Sono tutti fuori del tempo e dello spazio, non hanno una logica intrinseca, non ci dicono qualcosa di significante presi per se stessi.
I mosaici componenti il sogno sono semplici portatori di un messaggio del nostro io che ha più o meno voglia, o necessità, di risvegliarsi. Quindi hanno una logica a loro esterna.
La logica sta nel processo binario, positivo/negativo, giocato su sensazioni di piacere/dolore, che ha preso avvio al momento della conclusione del sonno, per chiudere la fase del sonno e connettere l’io-cosciente con tutti i terminali sensoriali dello stato vigile.
L’io-cosciente è, dunque, il vero ed unico protagonista della fase sognante. Non ancora pienamente attivo, lo potremo denominare “io-dormiente” per indicarne l’attività in questo momento transitorio, quasi di pre-coscienza, di passaggio da uno stato all’altro.
7. IL PRINCIPIO DI GOVERNABILITA’. L’INCONSCIO E IL CASO
Volutamente faccio riferimento al sogno come a un “pensare” proprio perché non credo che sia l’inconscio il regista di questo avvenimento notturno chiamato sogno. Piuttosto esso può essere compartecipe alla costruzione di alcune scene oniriche, in certi casi del tutto particolari, quando la necessità di raggiungere livelli di angoscia, di incubi insostenibili costringe il regista/soggettista a ricorrere alla memoria rimossa dell’inconscio.
Secondo questo schema, l’inconscio freudiano può diventare il vero e proprio regista del sogno quando gli stessi ricordi rimossi, immersi nel nostro profondo più recondito, diventano la causa del risveglio anticipato, traumatico. Come altre cause a noi interne, ad esempio: malattie o traumi fisici, aventi su noi l’effetto di costringerci a risvegli anticipati, similmente ai disturbi esterni.
Ma in questo caso l’inconscio avrebbe il carattere di qualche patologia.
Sull’onda di Freud, tuttavia, il regista del sogno è stato identificato sempre e comunque con l’anima profonda, con l’irrazionale, con l’inconscio; anche se con l’avvento delle neuro-scienze si è cominciato a demolire la spiegazione freudiana.
Da quando l’attenzione degli studiosi è stata puntata sui processi bio-chimici che presiedono al sogno, si va sostenendo la totale casualità nella costruzione delle immagini oniriche, ma non è superata l’impostazione misteriosa dei sogni.
Anche gli schemi dettati dalle neuroscienze, infatti, contrastano con la logica sottostante la formazione dei sogni.
Una logica che, descritta come avente uno scopo ben preciso e definito, non è possibile attribuire al caso.
Quindi, se la spiegazione del sogno non è compatibile con il concetto di “caso”, devo immaginare che i sogni siano in qualche modo frutto di una volontà che li guida.
Per questo motivo inserisco nella interpretazione dei sogni il concetto di “governabilità”.
E questo rinvia alla esistenza di un manovratore consapevole, cosciente di ciò che con il sogno vuole ottenere.
Ma rivestire il sonno di potenzialità coscienti, di capacità di vigilanza o di autocontrollo dell’io è una contraddizione in termini.
Infatti, lo stato di veglia e lo stato di sonno sono due momenti del nostro essere fra loro contrapposti. Per cui il sogno, sia esso contemplato come espressione subconscia o come frutto di collegamenti sinaptici distribuiti a caso, cioè non voluti, è stato sempre classificato come produzione attinente alla fase comportamentale del sonno. Non vedo possibilità, in tali ipotesi, di interferenze dell’intelletto-volontà sulle fasi “sognanti”.
D’altra parte l’argomento non è stato mai esaminato a fondo, se non come capacità di singoli di pilotare i propri sogni, con l’esercizio, verso obiettivi prefissati (per esempio: riprendere un sogno interrotto; sognare questo piuttosto che quello; ecc).
Queste capacità acquisite con l’esercizio non mi sembrano sufficienti a spiegare le modalità dei nostri sogni.
Se i modi di sognare, come da me ipotizzato, sono comandi dell’io-dormiente cioè ordini comportamentali viaggianti sull’onda di segnali onirici bipolari (sogno “bello”/”brutto”; “dormire”/ “svegliarsi”), l’esprimere, nel sonno, una nostra volontà per mezzo dei sogni è altra cosa rispetto alle possibilità di influenzare i nostri sogni prima dell’addormentamento.
Soltanto un volere che in qualche maniera si incunea tra sonno e veglia, sia come momento temporale che come finalità psico-fisica, può contenere un grado di coscienza non contraddittoria con lo stato di sonno.
Del resto il sogno non è il solo caso di “allucinazioni” confezionate ad hoc, per il cambiamento di stato dal sonno alla veglia. Anche l’inverso, il passaggio dalla veglia al sonno, avviene sotto il comando del “cervello”.
Contare le pecore per favorire l’addormentamento – ultimamente la scienza ha suggerito la tecnica dei “sogni lucidi” – altro non è che il passaggio tra i due stati.
Infatti, imporsi, costruirsi o immaginarsi cose “belle”, fare da sé volontariamente e lucidamente sogni belli, ci trasporta dalla veglia al sonno perché ci stacca, ci distoglie dalla realtà, più o meno velocemente a seconda della situazione in cui veniamo a trovarci a fine giornata (grado di stanchezza; quantità di sonno da recuperare; emozioni ricevute; ecc).
La stessa cosa accade all’inverso, quando alla fine del sonno ci predisponiamo alla veglia.
Nel primo caso, però, quando siamo ancora svegli, siamo certi di essere noi che manovriamo per raggiungere il sonno, perché abbiamo coscienza di volere il sonno.
Nel caso del “sogno”, invece, non c’è sicuramente questa “piena” coscienza.
Tuttavia ritengo che, se c’é un “regista” che opera al nostro interno, questi non possa che essere l’intelletto, il nostro io in uno stato pre-cosciente, che definisco io-dormiente, per comodità di identificazione.
Poggiato su questo fondamento soggettivo, il sognare equivale a un ri-vivere: prima di (tornare a) vivere. In questo slogan ritrovo la finalità del sogno ch’è, insieme, funzione e meccanismo.
Certamente i sogni del risveglio non sono una novità2. E, di conseguenza, la loro “spiegazione”, nella particolarità cui è stata fatta oggetto di studio, implica una attività della “coscienza”, che è finalità. Ma sono, appunto, identificazioni di sogni “particolari” che non offrono un modello di funzione generalizzato.
Al fondo degli studi sul sogno permangono i modelli di interpretazione e non tanto di spiegazione. Infatti, una convincente “spiegazione” dei sogni, in genere, non è stata ancora trovata.
PARTE TERZA
1. SOGNARE E’ UN PO’ RIVIVERE
“Sognare” come stato, contenuto del nostro esistere come lo sono lo stato di veglia (essere svegli) e quello di sonno (il dormire), oppure “sognare” per ri-vivere, per tornare alla vita, allo stato di veglia?
Credo di più in quest’ultima impostazione, cioè che il sognare sia un atto di pre-veglia, una “prova generale” del vivere per riprendere tutte le funzioni vitali dell’azione cosciente.
Questa spiegazione la ritengo plausibile in relazione alla logica del sogno.
Sognare per dare il tempo al nostro essere di ricollegarsi all’intelletto, ripristinando gli snodi sensoriali che viaggiano, in andata e ritorno, tra la coscienza e i gangli sensitivi periferici.
Lo stato di veglia è retto da un complesso sistema di snodi cellulari che ci permette non solo di vedere, sentire, odorare ma anche di valutare, capire le cose attorno a noi.
Con la caduta nel sonno gran parte di queste connessioni sono troncate. Bisogna ripristinarle finito di dormire. Il “sogno” altro non è che il mezzo tecnico da noi adoperato per questa incombenza.
La spia verde del via libera alla piena attività cosciente si accende esattamente quando la carica di vigilanza, lo stato vigile, è tale da riconoscere l’impronta del reale nascosto nella trama onirica, che è stata volutamente scomposta.
Frammentata in tante parti, distinte l’una dall’altra, la visione notturna non arriva a sintetizzare una vera e propria trama. Il sipario scende ogni volta ad interrompere la scena per riaprirsi su un nuovo spettacolo, di segno opposto. Quasi sempre anche il palcoscenico muta completamente, con nuovi attori, nuove scenografie. Un’altra rappresentazione prende corpo mentre noi, che stiamo sognando, rimaniamo contemporaneamente spettatori e protagonisti.
Apparentemente impotenti, in realtà siamo noi stessi, è il nostro io che, pur addormentato, ci pilota da una parte all’altra con l’unico scopo di portarci fuori dal sonno.
Quando ci svegliamo di soprassalto, abitualmente ne attribuiamo la causa al sogno “terrificante” che stiamo facendo.
Invece, dobbiamo considerare il caso che quel sogno è stato da noi stessi voluto, costruito con nostri brutti ricordi, anche rimossi, per costringerci ad affrontare preparati la realtà, ad entrare nel mondo che ci sta attorno interpretandone in anticipo i segnali che esso ci invia.
Vuol dire che il tempo per dormire è finito, volenti o nolenti, e che il nostro cervello ha ripreso a ragionare sulle cose e sui fatti coi quali stiamo per entrare in relazione.
Il meccanismo mediante il quale la funzione del “sognare” si attiva e prende forma viene gestito dallo stesso sognatore. E’ l’io-dormiente questo manovratore, il quale è programmato a ritardare o accelerare il risveglio fino al momento in cui l’io- in sé ha raggiunto il grado di massima coscienza.
Dall’esame dei miei sogni ne ho ricavata la convinzione che il nostro pensiero-intelletto resta comunque protagonista, anche nelle “illusioni” notturne prive di comune logica. E’ un attivismo “intelligente” perché crea e padroneggia le scene oniriche, ma nello stesso tempo inconsapevole, data la condizione temporale di sonno, sinonimo di “assenza di coscienza”.
In definitiva il nostro cervello ha le potenzialità per dirigere tutte le vicende della nostra vita quotidiana: tanto quella del sonno, con processi prevalentemente neuro-fisiologici, quanto quella della veglia con procedimenti anche cognitivi, come pure quei passaggi di stato sonno/veglia-veglia/sonno (sogni e sogni lucidi).
Sono giunto a questa affermazione escludendo che nei sogni intervenga una personalità non controllata dall’io/ego, come l’inconscio o subconscio, sia negandone la “casualità”.
Di contro, nella formazione dei sogni, le principali teorie “interpretative” li attribuiscono alla casualità oppure all’inconscio. In entrambi i casi è significativa l’assenza della volontà.
Le moderne analisi dei meccanismi del sonno cui fanno capo le suddette teorie sono basate su alcune fondamentali scoperte scientifiche, che riporto sommariamente nei capitoli seguenti.
2. IL CICLO CIRCADIANO
All’alternanza del giorno e della notte il nostro organismo si adegua fisiologicamente con le funzioni del sonno e della veglia. Esse hanno, infatti un ritmo mediamente di ventiquattro ore, detto “circadiano” come gli altri bioritmi della durata “più o meno” di un “giorno”.
Poiché il sonno occupa un terzo del tempo della nostra vita, è «naturale che da sempre l’uomo abbia cercato di studiarne i segreti»3.
Ma è a partire dalle tecniche di registrazione delle onde cerebrali4 che lo studio del sonno, in particolare dal 1930 in poi, ha fatto sempre più luce sui comportamenti interni del nostro organismo, avvalendosi, come effettivamente è successo, di accurate analisi di laboratorio.
Proprio da un laboratorio del sonno, nel 1953, si scopre dove si erano annidati per tanti secoli i nostri sogni.
Infatti, il ciclo notturno viene scomposto in tante fasi (cinque, per l’esattezza), ognuna con precise caratteristiche comportamentali, ma l’ultima, in particolare, si caratterizza per la presenza di movimenti oculari rapidi e di diminuzione del tono muscolare.
Questo stato viene codificato come “sonno paradossale”, distinto dal sonno “ortodosso”, e viene associato al mondo dei sogni.
Prende forma, così, il terzo stato del nostro esistere, dopo il sonno e la veglia.
Trovato il posto materiale, fisico, l’humus naturale della loro migliore proliferazione l’ipotesi freudiana dell’inconscio perde quasi di colpo le valenze scientifiche fino ad allora accumulate.
3. FENOMENO OGGETTIVO E SOGGETTIVO
Il Sonno REM(sonno paradosso), reso in tal modo oggettivo, può essere quantificato e misurato.
Esso «rappresenta il 25% del sonno totale e si verifica all’incirca quattro/sei volte per notte, all’interno dei cicli di sonno di 90 minuti»5.
Viene visionato, oltre che valutato. «E’ durante questo periodo in cui il cervello è isolato che si verificano i sogni»6.
Non manca la formulazione teorica di questo terzo modo di essere, dell’esistere.
J.A. Hobson7 descrive, nel ciclo biochimico, tre stati e li denomina V (Veglia), S (Sonno sincronizzato, o NREM) e D (sonno desincronizzato, ma anche dreaming, cioè sognante).
«Solo durante lo stato S, e quindi mai durante la veglia, i fenomeni biochimici innescano attivamente e ciclicamente lo stato D, il terzo stato del cervello»8.
Il sogno come terzo stato è diventato finalmente un “qualcosa”. E’ qui, davanti a noi, oggettivato. Oggetto misurato e misurabile nel tempo e nello spazio. Fra poco con il progredire delle neuroscienze non avrà più segreti nella sua conformazione e formulazione fisica e biochimica.
Ma a cosa serve? Non lo sappiamo. C’è ancora del mistero, in effetti, attorno a questa domanda. Lo scopo di questo terzo stato non è tuttora chiarito o compreso.
Viceversa, se ipotizziamo che il sogno sia fenomeno “soggettivo”, cioè voluto dall’io cosciente, in modalità “pre-conscia” o parzialmente conscia, la sua funzione si può agevolmente delineare.
Come fenomeno soggettivato, compreso nei fenomeni puri e semplici, cioè il manifestarsi di una nostra circostanza, il sogno non rappresenta altro che il passaggio da uno stato all’altro (dal sonno alla veglia, ma anche dalla veglia al sonno) e non uno stato a se stante.
Pur tuttavia, le basi sulle quali l’oggettività del sogno è stata costruita sono ben piantate. Esse hanno davvero contribuito a tanti risultati scientifici, ma una semplificazione soddisfacente di cosa rappresentino effettivamente i sogni non è stata ancora raggiunta.
4. IL SOGNO SOTTO LA LENTE. LA SCOPERTA DEL SONNO R.E.M.
Gli studi sistematici sul sonno hanno fatto sì che il sogno potesse raccontare ai ricercatori parecchie cose su di sé.
Messo sotto la lente dell’osservazione scientifica il sogno ha rivelato caratteristiche oggettive insospettabili.
Ad esempio, durante i periodi di sonno contraddistinti dai movimenti rapidi oculari (R.E.M.) molte nostre funzioni corporali si comportano come nello stato di veglia.
Questi periodi sono stati associati ai sogni perché i soggetti messi sotto esame di laboratorio e svegliati in detti periodi hanno dichiarato che stavano sognando.
Le loro dichiarazioni vengono raccolte non “al risveglio”, ma”svegliando” appositamente il soggetto dormiente.
In tal modo sembra che egli confermi l’ipotesi del ricercatore, cioè che i movimenti sincroni e “inconsapevoli” degli occhi sono l’effetto del sogno.
Nonostante tutte le massime assicurazioni che la strumentazione di laboratorio sia assolutamente neutra rispetto al sonno, il dubbio che il forzato risveglio dia luogo al sogno e non che sia la conferma di una fase sognante in corso, rimane più che lecito. Personalmente, sono portato a ritenere che il sonno Rem non provi di per sé l’esistenza dei sogni.
Maggiori problemi li riscontro, invece, nella collocazione del fenomeno “sogno” in confronto con il ciclo circadiano notturno.
Le tracce al poligrafo delle onde cerebrali mostrano caratteristiche che consentono di individuare precise sequenze di stati e stadi del sonno in una notte tipica.
In questa maniera è stato accertato che, quando il sonno è completato in tutte le sue fasi, i sogni si localizzano nell’ultima delle sequenze (fasi del sonno).
Quindi, se il sonno è interrotto prima che venga raggiunta l’ultima fase (quella dei sogni) al momento del risveglio è da escludere la possibilità di un sogno del risveglio.
Il soggetto svegliato anzitempo avrà il ricordo di sogni sorti nei cicli (di cinque fasi complete) precedenti.
Durante il sonno si sogna sempre, tutt’al più potrà venirne meno il ricordo. Questo ci assicurano le teorie.
Pertanto, ipotizzando che solamente al risveglio ci sia esistenza di sogni, come se la fase onirica (sonno Rem) si attivasse solo in tali momenti, si dovrebbe dedurne che nei risvegli forzati, cioè prima della conclusione delle quattro fasi precedenti i periodi Rem, gli stati e gli stadi del sonno subiscano come una specie di compressione. Come se tutti i movimenti fasici del ciclo notturno delle tipiche otto ore si raggruppassero nei pochi istanti del risveglio.
Non mi risulta che i ricercatori si siano particolarmente interessati agli stadi del sonno (fasi cicliche) non portati a termine. Quindi non mi è possibile dire altro sull’ipotesi di una loro “compressione”.
Tuttavia la singolarità delle altre caratteristiche sui “risvegli”, rilevate dall’esame dei miei sogni, mi inducono a proseguire nel solco di questa particolarità del sognare.
5. LA FAMILIARITA’ E LA DISCONTINUITA’
Nel sogno siamo immersi in ambienti familiari. Belle o brutte che siano, le quinte in cui ci muoviamo durante la scena onirica non ci appaiono completamente estranee. In effetti è come se stessimo recitando. Mentre recitiamo, alle nostre spalle le quinte mutano in continuazione. Noi siamo costretti a continui cambiamenti di dialogo e di rappresentazione. Fino a quando non decidiamo, o siamo costretti a decidere, di lasciare il palcoscenico. In quel momento, pienamente coscienti e svegli, riconosciamo che dietro le quinte eravamo noi stessi a manovrare, spostare le scenografie; che siamo stati soggetti responsabili del copione recitato e, oltre che attori recitanti, anche spettatori volontari del nostro spettacolino notturno.
Questa analisi-ricostruzione del meccanismo interno al sogno dimostra la tempistica del sogno in coincidenza con gli eventi che si susseguono attorno al sonno ed è l’unica “prova” empirica che il sogno nulla ha a che vedere con le fasi Rem del sonno (sonni paradossali).
Piuttosto lo situerei nella fase terminale del ciclo circadiano notturno (sonno), comunque completatosi con il risveglio.
In questi casi le sequenze del ciclo, se il risveglio è stato forzatamente anticipato, subirebbero una compressione; se, invece, il sonno può attuare le sue otto ore canoniche, le sequenze che lo caratterizzano avranno modo di estendersi pienamente.
6. PADRI E PADRONI. FREUD E LA PSICANALISI
Considerato fenomeno oggettivo, il sogno è stato rintracciato nelle fasi del sonno Rem (paradossali). E a buona ragione, visto che così hanno verificato le registrazioni delle onde cerebrali.
Ma oggettivo il fenomeno lo è veramente o il sogno è stato oggettivato da una interpretazione storicamente consolidata?
Precedentemente alla scoperta delle fasi Rem del sonno, l’idea freudiana circa i sogni aveva destato l’interesse generale fino a sbaragliare il campo da ogni altro tentativo di comprensione del fenomeno “sogno”.
Suggestiva e avvincente l’interpretazione di Sigmund Freud s’impone fino al punto di mettere in moto una nuova “scienza”, la psicanalisi. Anche se la psicanalisi per molti non può considerarsi un ramo della medicina dalla sicura tenuta, con Freud si stabilizza definitivamente la concezione oggettiva del sogno.
Nella psiche o in altro posto, il sogno resta un qualcosa da cercare con strumenti “scientifici” sempre più mirati e sofisticati.
Con il successo della psicanalisi il principio della “localizzazione” del sogno non viene più messo in discussione. Il sogno va cercato, quasi snidato dalla tana dov’è nato e cresciuto per poterlo visionare (“analizzare”) e carpirne il significato, ma dopo averne sfrondato i suoi simboli misteriosi frutto della “rimozione”, ovvero il nascondimento nell’inconscio dei nostri desideri più o meno inconfessabili.
L’inconscio diviene, con Freud, il nascondiglio dei desideri “rimossi” e, contemporaneamente, il luogo dove fermentano i sogni, dove c’è un lavoro da compiere, esattamente il “lavoro onirico”.
Che non sarebbe altro, a questo punto, che quella opera di mascheramento dei desideri ricacciati dalla coscienza razionale (stato di veglia) nel nostro oblio per la loro intollerabile “mostruosità”, o illiceità, ma che durante il sonno, non più frenati dalla ragione, potrebbero emergere intatti obbligandoci alla presa di coscienza e non facendoci più dormire.
Viceversa, con il “lavoro onirico” (sogno) il desiderio illecito riemerge sì dal sonno, per l’inibizione dei freni della coscienza etica, ma non è riconoscibile come tale perché depurato dei suoi contenuti reali e trasfigurato in qualcosa di accettabile “alla vista”.
«Secondo Freud il sogno serve ad appagare un desiderio, e così facendo protegge il sonno»9.
Però questa “funzione” fisiologica del sogno, ipotizzata da Freud, non viene particolarmente presa di mira dagli studiosi successivi, non produce osservazioni critiche, sforzi di approfondimento.
Del resto, il sogno come buon terapeuta del sonno non era una novità.
Il punto che, invece, calamita ogni attenzione è la scoperta dell’inconscio e la dimostrazione che se ne possono scandagliare i meandri con l’analisi-interpretazione dei sogni.
Nasce così il “lavoro analitico” di decifrazione dei sogni che consiste nel «ripercorrere in senso inverso il percorso compiuto dal lavoro onirico»10, verso il “luogo” dei sogni, l’inconscio.
Freud, il padre della psicanalisi, diventa anche il padrone del luogo, della materializzazione del sogno.
Egli aveva pur detto che il sogno ha uno scopo, esercita una funzione corporale-sensoriale, quella di proteggere il sonno. Poteva, quindi, essere l’occasione per dipanare il lato meccanicistico dei sogni, la loro funzione sensoriale di gestione di uno dei nostri due stati esistenziali: quello del sonno. Ma tant’è; bisogna ammettere che l’inconscio è certamente più intrigante!
Così quando la psicanalisi entra in crisi per gli accenti quasi esclusivamente “erotici” sui quali Freud aveva costruito la sua dottrina, il principio di “localizzazione” del sogno rimane indiscusso e impronterà di sé la ricerca scientifica posteriore: quella di laboratorio e le neuroscienze.
Tuttavia, non sarebbe stato difficile progredire, dalla posizione freudiana, nella conoscenza di tutti gli aspetti che coinvolgono il sognare, nello specifico: il lato soggettivo del sogno.
Bastava capovolgere l’approccio fenomenologico, partendo dall’esame delle manifestazioni oniriche prese in sé, cioè come si sviluppano i vari momenti che le compongono.
Avremmo potuto rinvenire nel sogno la traccia di quella azione fisiologica, e non solo psichica, che suggella il vero senso del nostro sognare.
In fondo, sempre di una “interpretazione dei sogni” si tratta, ma non dal percorso: sogno-analisi-realtà rimossa, bensì dal seguente: realtà (quella incontrata dopo il sonno)-sogno-analisi/riconoscimento (ricostruzione degli “eventi” vissuti, presenti dentro le singole scene oniriche)
7. LE NEUROSCIENZE. ATTIVAZIONE e CAUSALITA’
In breve tempo, anche per i metodi di studio del sonno più avanzati (le tecniche di registrazione delle onde cerebrali si fanno sempre più sofisticate), la conoscenza scientifica (di laboratorio) del fenomeno “sogno” entra in crisi.
L’attività onirica viene scoperta, nel senso di registrata, nei numerosi laboratori del sonno, un po’ in tutti i periodi del sonno e non solo nelle fasi Rem. Cade la certezza che il “sonno paradosso”-Rem corrisponda alla eccitazione onirica.
Ma non viene meno l’ipotesi che l’obiettivo della ricerca occupi uno spazio, costituisca una sostanza bio-fisica, uno stato fisiologico del sonno: uno stato d’essere dentro un altro stato del nostro esistere.
Riconfermata la natura oggettiva del sogno, la coscienza di sé (l’insieme di volontà, desideri, affetti, ecc.) denuncia l’incompatibilità con la struttura dei sogni e, quindi, le possibili attività “intelligenti” (dell’intelletto) presenti nei sogni, sfuggono alle analisi e alle ricerche scientifiche.
I sogni, pertanto, restano imposti al soggetto; essi vengono da un mondo estraneo all’io-pensante, all’in - sé, e sono tutt’al più attribuibili al caso. Oppure, se fosse l’io-pensiero a costruire le visioni oniriche, allora non saremmo in presenza di veri sogni ma di “visioni a occhi aperti”, di fantasticherie o di “sogni lucidi”.
In questo solco di ricerca sono immersi anche gli studi, pure recenti, delle neuroscienze.
Se per tutta la fase mitologica dell’interpretazione dei sogni la loro fonte primaria rimane saldamente attribuita a entità esterne,estranee al soggetto dormiente (dei, la natura in genere, il caso), anche la ricerca scientifica non è stata da meno nel porre il sogno in “luoghi” al di fuori della volontà o della coscienza del sognatore.
Michael Jouvet è chiarissimo a tale proposito: «…quando sogni non è il tuo Sé cosciente che guarda le immagini del sogno. E’ il tuo inconscio [corsivo mio] che ti fa sognare indipendentemente dalla tua volontà»11.
Nel 1977 una nuova teoria, studiando il comportamento del nostro cervello nello stato di sonno, ipotizza che il sogno sia il risultato di un processo di attivazione periodica di alcune cellule del tronco encefalico. Qui gruppi di neuroni scaricano energia autonomamente e liberamente con un ritmo prestabilito mentre un processo sintetico costruisce immagini oniriche a caso, richiamando dalla memoria i necessari elementi.
Questo modello di attivazione-sintesi, proposto dai neurobiologi McCarley e Hobson12, viene in parte contestato da esponenti della neurofisiologia.
La psicologa Olga Chiaia, nel suo Il sonno e il sogno, così sintetizza le critiche:
«I neurotrasmettitori non possono da soli spiegare l’innesco del sogno. Esiste un aspetto energetico che ne consente la sintesi e il rilascio, e che è affidato al sonno NREM»13.
In pratica succede che il modello attivazione-sintesi non tiene conto del sistema inibitorio presente nel sonno.
«…nei due processi, veglia o sogno, l’attività elettrica corticale è la stessa, ma dipende da meccanismi diversi»14.
Durante il sonno paradosso si osserva un’atonia generalizzata perché la maggior parte dei neurotrasmettitori attivi durante la veglia, ora sono bloccati. Nel sonno paradossale abbiamo i movimenti oculari (fasi Rem del sonno) ma anche una maggiore stimolazione dell’ippocampo, una struttura coinvolta nei processi della memoria nel caso della veglia. Questa anomala e particolare attivazione dell’ippocampo, sotto l’effetto degli impulsi elettrici che si scatenano a caso nei periodi di sonno paradossale, avrebbe come conseguenza secondaria la formazione delle immagini oniriche.
In realtà lo scopo principale di tutto l’insieme di questi processi sarebbe quello di programmare il sé o la coscienza individuale del soggetto dormiente per lo stato di veglia successivo al sonno.
Tuttavia, «Tutti questi fenomeni – ribadisce M. Jouvet – si svolgono al di fuori dell’attenzione e della coscienza. Sogni grazie all’inconscio. La macchina del sogno è quella dell’inconscio, e la volontà non può farci assolutamente nulla»15.
L’ipotesi è detta della riprogrammazione genetica e anche questa è una interpretazione dei sogni classificabile come studio di un fenomeno oggettivo. Infatti, anche qua l’esperienza onirica non è un qualcosa di voluto ma piuttosto un subìto, in quanto prodotto in noi con sistemi fisiologici automatici.
La pregiudiziale “oggettiva” la ritroviamo, infine, nelle scienze sperimentali cognitive basate sulla netta separazione tra i processi neurobiologici o neurofisiologici che ci portano alla conoscenza e al conoscere stesso.
L’odierna scuola di pensiero del cognitivismo ha tentato un recupero scientifico della coscienza arrivando a decisivi risultati in molte discipline.
Teorie cognitive sono state formulate anche sulla interpretazione dei sogni ma solo per riscontrare analogie e interazioni tra gli stati della veglia e del sonno.
Viene a cadere la contrapposizione netta tra il nostro mondo del razionale dove siamo presenti a noi stessi e quello dell’irrazionale dove albergano anche i nostri sogni, i quali, però, continuano a restare confinati nel sonno, in quel misterioso terreno dove la nostra coscienza può scatenarsi senza i freni della logica, della morale e di quant’altro.
Ci stiamo avvicinando, forse, alla definizione scientifica della coscienza16, ma resta lontana la risposta alla domanda: perché sogniamo e, soprattutto, cos’è il sogno?
PARTE QUARTA
1. IL SOGNO NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO e SCIENTIFICO
Tutte le ricerche o interpretazioni sul sogno, come ho cercato di mettere in evidenza riprendendo molto in succinto le più significative17, sono legate da un unico filo, logico e facilmente intuibile, ma che, nel contempo, le allontana dalla principale curiosità circa il nostro sognare. Infatti, la domanda “perché sogniamo?” resta, nonostante tutto, avvolta nel mistero.
In senso generale, sia inteso come opinione comunemente diffusa sia come pensiero scientifico, il sogno è classificato come fenomeno appartenente al mondo opposto alla veglia, cioè al sonno, dato che le nostre visioni oniriche sono irrazionali, prive di logica, non soggette alla ragione e alle leggi dello spazio e del tempo.18
Questa ovvia “localizzazione” del sogno nel sonno non solo lo ha definitivamente “ghettizzato” ma lo ha pure “oggettivato”. Lo ha reso indiscutibilmente una sostanza misurabile, osservabile tecnicamente in quanto uno stato d’essere dentro un altro modo d’essere e, in tale maniera, fonte di esplorazione e ispirazione multidisciplinare (dalla speculazione filosofica alle scienze psicologiche, dalla letteratura alle neuroscienze, per tacere della mitologia o delle semprevive oniromanzie).
2. LA FONTE DEI SOGNI
La via, che ho definito “oggettiva”, colloca il sogno nel suo luogo naturale: il sonno. Non solo empiricamente ma anche con tutti gli strumenti offerti dalla scienza, le analisi sui sogni non sono altro che conseguenze degli studi sullo stato di sonno.
Vero è che di recente le neuroscienze hanno potuto riscontrare alcune analogie tra meccanismi della veglia e del sonno, ma i risultati di queste ricerche sembrano più indirizzati a sciogliere gli enigmi del dormire piuttosto che del sognare.
La speculazione “soggettiva” che ho qui proposto in alternativa alla metodologia tradizionale parte dall’esame del sogno in sé, per quello che esso è; indipendentemente, e a prescindere, dal “luogo”, fisico o psichico, in cui questo fenomeno prende corpo.
Mi è sembrato utile percorrere questa strada perché vi ho intravisto la possibilità di penetrare nel mistero stesso del sogno, mettendo l’io-cosciente (cioè sveglio) di fronte all’essere del sogno, a quello che il sogno è nella sostanza: irrazionalità.
Riconoscere che il sogno è irrazionale non basta; indagare cosa celano le visioni notturne non è sufficiente.
Per dare un “motivo” alla illogicità dei sogni (il loro essere fuori da spazio e tempo) occorre, altresì, “ri-conoscere” i “modi” di questo specifico “irrazionale”.
Nel momento in cui, nei “modi”, viene trovata una costante, quest’ultima diventa legge generale di “moto” dei sogni che giustifica la loro irrazionalità e apre la strada che porta al loro scopo/funzione.
Ce ne rendiamo conto quando scopriamo che il nostro io si serve di quelle determinate visioni, sottratte volta per volta dalla memoria depositata, per costruire quel meccanismo chiamato “sogno”.
Urgenze terapeutiche o di conoscenze comportamentali possono trovare riscontro in questa o quella visione onirica quando vengono analizzate, ma queste “interpretazioni” dei sogni non hanno direttamente a che fare con il sogno, nel suo essere sogno.
Nelle modalità del “sognare” c’è la nostra individualità e quindi le “analisi”, all’occorrenza, sono comprensibili, ma non dobbiamo trascurare il contesto generale nel quale il problema sollevato dai sogni ha soluzione.
E’ nel “fare sogno” che il nostro io-ego esercita la sua capacità di relazionare, partendo dal sonno, se stesso con ogni genere di realtà ancora “oscura”. Il sogno, in tale maniera, esprime una logica o, in altri termini, ha una logica.
Con questo “fare sogno” inizia un viaggio che parte da un irreale e per bordi di irrealtà sempre più stretti raggiunge la meta della realtà. Perché c’è un conduttore che sa quel che vuole!
Tuttavia, nel “sognare” non ci sono le coordinate di viaggio, non capiremo chi ha tracciato la rotta e tutto ci sembrerà un salto nell’ignoto fino a quando saremo stupiti dalla “regolarità” del susseguirsi dei cambiamenti nei segni onirici lasciati sul campo.
3. L’ESSERE DEL SOGNO
Se l’essere “sogno” è proprio il bordeggiare dell’io con virate pazzesche, insensate, verso la sua riconoscibilità nel e del (all’unisono) mondo reale, in seconda battuta sorge il problema dello stato psico-fisico in cui l’io sta viaggiando: è cosciente (sveglio); totalmente incosciente (dorme) oppure cosciente solo in parte (pre-cosciente).
Una volta osservato che le singole scene della rappresentazione onirica sono fra loro legate come sequenze di un’unica catena di sensazioni a poli di segno opposto, viene difficile pensare che il sogno, nel suo complesso, abbia soltanto quelle espressività irrazionali, illogiche o surreali che tutti conosciamo.
La catena delle sequenze a segno alternato con cui si evolve il sogno (visioni-sensazioni ora “piacevoli”, ora “sgradevoli”) è indice di una presenza nel sogno anche di una logica, di una volontà di indirizzo verso un segnale; un quadro onirico a tinte solari o fosche, riprodotto per mezzo di ricordi, mano a mano sempre più a fuoco sulla realtà.
Proprio questo andamento bipolare, scientemente costruito con pezzi di memoria “falsificata” quanto basta19, è l’essenza del sogno; il sogno nel suo essere-divenire sogno; logica onirica che lega un insieme di cose illogiche (gli enti-scena) e che ho indicato come “principio di governabilità”.
In altri termini, quando la coscienza razionale, cioè della veglia, si mette di fronte al suo stesso sogno, in prima istanza, avverte in esso la presenza della sua stessa razionalità, seppure limitata al semplice “governo” binario delle sensazioni trasmesse dalle “visioni”.
Proseguendo l’introspezione del suo sogno, il soggetto vigile vede, e comprende, che le immagini oniriche sono state accuratamente selezionate tra quelle dei “ricordi” del proprio vissuto per sensibilizzare il sé-stesso; colpire l’io-dormiente con sensazioni diversificate non solo nella loro diversità di segno ma anche nel loro grado di intensità.
“Vista” la logica onirica, resta da “vedere” il perché di questo meccanismo; ma ponendolo come fenomeno autogestito dal sé-stesso (la “via soggettiva”), una risposta plausibile, che solleva un po’ il velo del mistero attorno al sogno, appare possibile.
La soggettività è quel carattere dell’essere del sogno che si svela empiricamente ponendosi di fronte al fenomeno in sé. Non si deve, quindi, confondere l’autopercezione del soggetto dormiente di essere presente nei luoghi e nei momenti delle scene sognate con la capacità di dirigere le sue visioni oniriche, oltre che autoprodurle (principio di governabilità).
Questa “presenza” nel sogno della persona del sognatore è autopercezione da spettatore. E’, cioè, presenza inattiva, senza possibilità di influenzare l’andamento delle “cose” strane che gli piombano addosso dal palcoscenico dell’inconscio.
L’analisi “per via soggettiva” ci mostra, invece, che nel sogno vi è una attività dell’io-dormiente fondamentale e di genere tutt’altro che di semplice “presenza” allo spettacolo.
Tuttavia, se per un verso la “soggettività” può facilitare l’interpretazione dei sogni, non solo presa nel loro significato particolare ma anche come generale funzione di questi fenomeni notturni, dall’altro viene a complicare la comprensibilità della relazione tra lo stato di veglia e di sonno, posto che l’uno è il luogo della coscienza mentre l’altro ne è privo, o almeno così risulta finora dalla comune osservazione e dalla scienza.
4. IL PROCESSO DI IDENTIFICAZIONE BINARIO
Nei primi tempi, la mia indagine si è orientata verso l’ipotesi di un meccanismo, presente nei sogni, programmato esclusivamente per i risvegli; una specie di sosta nel sonno, utile a prolungarne la durata oppure a farlo concludere.20
In seguito, una maggiore attenzione al movimento binario tipicizzante i sogni, che materializza la presenza nelle scene oniriche di una coscienza, ha reso difficile circoscrivere il sogno solamente dentro un generico automatismo.
Infatti, coordinando il tempo di sonno consumato fino al risveglio con le cause accidentali dei sogni, cioè gli stimoli ambientali o quelli interni della corporeità, ho constatato che in realtà si tratta di un programma autogestito di identificazione della coscienza di sé mediante l’avvicinamento (sovrapposizione) progressivo del vissuto virtuale al (col) vivere reale.
Ma non è detto che l’avvicinamento alla realtà, cioè il risveglio, riesca sempre.
Può succedere che lo stimolo, raggiunto il dormiente, metta in pre-allarme la coscienza la quale inizia l’elaborazione dei dati sensoriali, appunto la proiezione delle scene oniriche, verifica nel medesimo tempo lo stato del sonno e la rilevanza, cioè l’indice di “ pericolosità “ ambientale di quel momento e, dalla elaborazione di queste due informazioni, decida di interrompere il processo di identificazione riportando l’io nella oscurità della coscienza di sé, cioè un ritorno al sonno.
La nostra esistenza è scandita dalle necessità di dormire e di essere svegli, in ciclo continuo e in quantità di tempo. Sono i due stati opposti della nostra quotidianità e il sogno si interpone fra essi, essendo programma di identificazione, per regolare le quantità temporali dei due stati, secondo necessità ambientali.
In definitiva, con il sogno ci lanciamo noi stessi un messaggio che, preso nel suo insieme, possiamo decifrarlo in questi termini: il tuo io possiede un efficace strumento di controllo dei flussi di coscienza che attraversano, in entrata ed in uscita, gli stati del sonno/veglia.
Un guardiano nello stesso tempo del sonno e della veglia che, armato di “fasi oniriche” (sogno)21, controlla le quantità, le qualità e le necessità di sonno o di veglia e gestisce questi flussi in una “territorialità” per così dire: neutrale, perché non ancora definitivamente nel campo della veglia oppure per “consigliare” un regresso nel sonno.
1 O. Chiaia, op. cit., pp. 12-15.
2 M. Zambrano, «Giungono, quindi, i sogni del risveglio; sono già un risvegliarsi e se così non fosse, la veglia non potrebbe accoglierli.», in Il sogno creatore, (1986), trad. di Vittoria Martinetto, Paravia Bruno Mondatori Ed., 2002, p. 91.
3 O. Chiaia, op. cit., p. 10.
4 O. Chiaia, op. cit., p. 10.
5 O. Chiaia, op. cit., p. 16.
6 O. Chiaia, op. cit., p. 18.
7 J.A. Hobson, La macchina dei sogni, Giunti ed.,Firenze, 1992.
8 O. Chiaia, op. cit., p. 20.
9 O. Chiaia, op. cit., p. 60.
10 O. Chiaia, op. cit., p. 61.
11Jouvet Michel, Perché dormiamo? Perché sogniamo?, trad. di Cristina Marullo Reedtz, ed. Dedalo, Bari, 2001, p. 78.
12 J.A. Hobson, R.W. McCarley, Il cervello come generatore dello stato di sogno: un’ipotesi di attivazione-sintesi del processo onirico, in O. Chiaia, op. cit., p. 67.
13 O. Chiaia, op. cit., p. 69.
14Jouvet M., op. cit., pp. 78-79.
15Jouvet M., op.cit., p. 83, con nota di rinvio a: Jouvet M., Le Sommeil et le Rêve, Odile Jacob, Paris ’92-’98 ; trad. it. Il sonno e il sogno, Guanda, Parma, 1993.
16 E’ l’obiettivo delle moderne tecniche della stimolazione magnetica transcranica.
17 Perché lo scopo di questo mio studio è solo una formulazione di una diversa prospettiva di approccio al sogno.
18 María Zambrano, Il sogno creatore, op. cit.
19 Quanto lo permette il tempo della realtà incombente.
20 In analogia con le tecniche di decompressione obbligatorie per i subacquei quando devono emergere dalle acque profonde.
21 Il sogno si sviluppa, come abbiamo già descritto, per “fasi”, ovviamente da non confondersi con le fasi del sonno.
I MIEI MANOSCRITTI RIEMERGONO DAL LETARGO A NUOVA VITA NEL CORSO DELLA PANDEMIA .TRASCRITTI IN SENSO CRONOLOGICO DEL TEMPO : DALL'ANNO 1977 ALL'ANNO 2021. LA VITA E IL TEMPO ,IL SONNO ,IL SOGNO ,L'ONOROCO VINCE.INTERESSANTE DISSERTAZIONE SUL SOGNO.
RispondiEliminaCORREGGO : " L'ONOROCO"- L'ONIRICO-
Elimina